Un interessante parallelo tra i Pompieri di Roma e di Spoleto alla fine dell’800

Nel dicembre 1895 il Comandante Nazareno Conti fu inviato a Roma al fine di studiare l’organizzazione del Corpo della capitale e trarne spunto per cercare di migliorare quella dei pompieri spoletini. Al suo ritorno egli redasse una dettagliata relazione dalla quale è possibile ricavare interessanti notizie sul funzionamento dei due Corpi e trarne spunto per confrontarli tra loro. Riportiamo qui di seguito alcuni brani della suddetta relazione.

Già dalle prime righe emerge uno spaccato della situazione del Corpo di Roma non certo rispondente a ciò che ci si aspetta da un’organizzazione pompieristica di una grande città:

…Non si può negare un ordine perfetto in quei quartieri in cui giovani volenterosi e baldi convengono pronti al sacrificio della loro vita….nè può disconoscersi la perizia, la valentia dei provetti capi….ma purtroppo nella mia debolezza di criterio con quel più di esperienza pratica che nella vita di pompiere ò avuta, son costretto di affermare che i mezzi di cui dispongono i Vigili di Roma sono insufficienti e nello stesso tempo retrogadi ai portati civili onde una Capitale andar dovrebbe superba…

E subito appresso Conti rincara la dose: “…I magazzini sono al completo: lì si trovano macchine ed attrezzi di ogni specie….Ma a che pro? Posta per un momento l’osservazione sulle varie diramazioni della conduttura dell’acqua di Roma facilmente si può notare che tutti gli attrezzi dei quali dispongono i Vigili se non sono insufficienti, si rendono quasi inutili. Il perché è presto detto: prima di tutto le bocche d’incendio sia nelle vie, come nei pubblici ritrovi non sono così spesse da poter fornire acqua alle pompe,…primo perché per alimentare una pompa a vapore occorre una quantità di acqua maggiore di quella di cui si può disporre della bocca d’incendio, in secondo luogo poi, perché è assolutamente impossibile rinvenire una corrente…”.

Subito dopo, però, Conti si affretta a precisare: “…non voglio arrivare all’assurdo di dover sentenziare che Roma sia in una infelice condizione,…no, giacchè ò detto che vi è difetto, ma non difetto assoluto: meglio si potrebbe regolare sì il servizio per i Vigili…

Ma qualcuno può pensare: “c’è poca acqua nelle condutture però per fortuna a Roma c’è il Tevere”. Ma Conti pronto risponde: “…Invano si farebbe l’obiezione…affermando di aver nel TEVERE che attraversa la Città, una risorsa alla mancanza accennata di acqua”. E qui Conti si lancia in una precisa spiegazione tecnica: “…Ognuno sa che il pescaggio delle pompe comuni ai Vigili à il suo effetto ad una profondità che vacilla frà i sette ad otto metri circa. Il Tevere à la sua minima altezza di quindici metri onde chiaro si deduce che nessuna operazione di pressione di acqua con le pompe puossi fare in questo fiume…” Vale a dire: l’acqua del Tevere è tanta ma i pompieri non riescono ad usufruirne!

Dopo di ciò, Conti si lascia andare ad un confronto tra i due Corpi da cui emerge che, pur nella grossa disparità di risorse, c’è anche qualcosa che la Capitale può invidiare alla piccola città umbra: “…E mentre qui nella piccola Spoleto chiamati per un incendio, sebbene in pochi riusciamo ad attivare un servizio efficace, a Roma invece mestieri è che accorrano sul luogo del disastro in numero quadruplicato i Vigili. E con macchine delle quali noi facciamo sempre a meno…

Ma come mai i pompieri di Spoleto anche se in pochi e con meno macchine riescono a far meglio? La spiegazione sta, secondo Conti in “quella ragione di difetto di forza idraulica superiormente specificato” quando si parla del problema delle pompe di Roma. E chiarisce: “…Noi ci troviamo in condizioni affatto inverse a quelle di Roma; ed invero chiunque si ponga a visitare la distribuzione delle condutture d’acqua e la postura delle bocche d’incendio facile ne ritrae la convinzione che agevolato riesca il lavoro di salvataggio. La gran quantità di acqua disponibile, la pressione forte di cui è dotata, le bocche d’incendio sì spesse e ben disposte costituiscono i tre maggiori coefficienti per cui il servizio da noi richiesto riesca pronto, spedito ed efficace.”. Visto il vantaggio che ciò porta in termini di “risparmio di macchine ed economia di personale” appare chiaro il perché spesso “…è accaduto in questa Città (Spoleto) applicato un tubo alla bocca e disposto un servizio ad esso di pochi uomini siamo riusciti a domare in breve con un sol getto d’acqua l’elemento divoratore…Senza tema di errore affermo che se entro questo ambiente (cioè l’interno della città) si riducesse l’azione nostra vòi per il numero dei Pompieri, vòi per il disponibile del nostro Magazzino il nostro stato nulla avrebbe a desiderare..

Ma allora, vien da pensare, i pompieri spoletini, pur nella pochezza delle risorse a disposizione sono in una situazione migliore di quella dei loro colleghi romani? No, perché i problemi si manifestano quando ci sono da affrontare interventi fuori dal territorio urbano.

Spiega Conti: “…purtroppo le facilitazioni che nell’interno di Spoleto abbiamo, ci vengono a mancare allorchè siamo chiamati fuori. Lì vi à duopo di pronto soccorso, lì dove non abbiamo più le bocche d’incendio né la quantità di acqua a forte pressione della quale ricchi siamo a Spoleto, conviene trovare rifugio nelle cisterne in qualunque conserva d’acqua per poter poi applicare la pompa dandole alimento; e perciò fare non basta un manipolo di Pompieri ma tutte indistintamente le forze del corpo vanno messe in azione”.

E continua: “…Di frequente ci siamo trovati in disagio perché abbiamo dovuto sopperire con strenue fatiche alla deficienza dei mezzi dei quali disponiamo in magazzeno. La prima difficoltà che ci si presenta….è il problema di dover trasportare sul luogo del disastro le macchine ed il bagaglio degli accessori. Noi non possediamo un carro veramente adatto….Se pure ci siamo ridotti a valerci alcuna volta di quel carro che in magazzeno trovasi le nostre energie fisiche si consumarono totalmente nelle difficoltà incontrate nel tirarlo e rimanemmo esausti, quando con ben più ragione si reclamava la nostra attività e speditezza…”. Vale a dire: se ai Pompieri chiediamo di sopperire alla mancanza di cavalli con il dispendio di energie sovrumane, come si fa poi a chiedere loro di fare bene il loro mestiere?

Oltre a quella del carro, affiora poi un’altra carenza già denunciata dal primo Comandante Bianchi nella relazione inviata al Sindaco circa un anno dopo la costituzione del Corpo (già riportata da noi nel precedente paragrafo) e cioè quella dei tubi. Citando come esempio il caso di un incendio verificatosi tempo prima presso uno stabilimento, Conti dice: “…si è dato il caso che…la lunghezza del tubo di tela non fosse tale da portare l’acqua fino al punto dove le fiamme divampavano; ed allora imbarazzatissima divenne la nostra posizione, poiché ci venne meno il primo elemento e più necessario, l’acqua. Né possiamo ridurre a regola l’istintivo ritrovato di cui facemmo uso…; il congiungere i tubi vecchi con i nuovi non sempre riesce né è un lavoro che possa compiersi in breve….e non si deve sfruttare la preziosità del tempo per cose che non siano strettamente inerenti ad opere di salvataggio”.

Per i motivi sopra esposti Conti fa osservare “l’alto bisogno che si à di corredare il nostro magazzeno di una quantità maggiore di tubi, di un carro che, alla circostanza contenga quanto ci sia di necessario per un servizio fuori di Spoleto e di una piccola pompa per pozzi…

E qui Conti si lancia in un’ardita e ottimistica previsione affermando che “in tal guisa il magazzino dei Pompieri di Spoleto può sostenere il confronto con quello dei vigili non pur di Roma, ma di qualunque Città italiana”.

Subito dopo, però, riaffiora la disparità col Corpo di Roma allorchè Conti passa a trattare dell’organizzazione interna: “Certo è che impotenti siamo a sostenere una gara con i Vigili di Roma, poiché essi a quell’unico ufficio sono adibiti e vivono reclutati nei loro quartieri con una disciplina che fa ricordare quella dei militari. Essi son là che attendono la voce di chi li chiama e pronti sempre al soccorso. Con gli apparecchi telefonici poi possono ricorrere in caso di urgenza all’appello dei loro colleghi che siano da loro lontani”. In altre parole i pompieri di Roma esercitano il loro mestiere a tempo pieno, con presenza costante in caserma, con un’organizzazione paramilitare e usufruendo dei preziosi vantaggi in fatto di risparmio di tempo offerti loro dagli apparecchi telefonici.

Ed a Spoleto, invece? “A noi invece conviene picchiare all’uscio dei singoli componenti il Corpo perché si raccolgano e si portino dove la sciagura à colpito…

Questo dà lo spunto per concludere la relazione con un suggerimento che è una vera e propria richiesta: “Per maggior previdenza, ed utilità di tempo, ò avuto il pensiero di suggerire alla S.V. l’idea di mettere una soneria elettrica nel quartiere nostro in communicazione colla casa del custode e del campanaio del Comune. Due vantaggi se ne ricavano: primo quello di dare subito l’avviso di un incendio ai Pompieri, secondo quello di procurare più speditamente che sia possibile il convegno degli stessi nel quartiere”.

In altre parole il povero Conti (così come poco prima aveva richiesto un carro ma non i cavalli!) non si azzarda nemmeno lontanamente di chiedere l’installazione di una linea telefonica ma si accontenta di una semplice soneria elettrica (già invano richiesta qualche anno prima dal suo predecessore comandante Bianchi) a suo parere sicuramente più accessibile alle misere finanze dell’Amministrazione Municipale.

 

(testo e immagini liberamente estratti dalla pubblicazione “Pompieri a Spoleto” di Giuseppe Guerrini stampata nell’anno 1988 da “Arti Grafiche Panetto & Petrelli” in occasione del centenario dell’istituzione del Corpo dei Pompieri di Spoleto)